Organizzazione scenica

Lo spettacolo del Maggio non avviene nel mese che gli dà il nome, bensì in estate, in un periodo che approssimativamente va dai primi di giugno alla fine di settembre.

Lo spettacolo del Maggio non avviene nel mese che gli dà il nome, bensì in estate, in un periodo che approssimativamente va dai primi di giugno alla fine di settembre. Si attende il periodo estivo perché i maggerini, un tempo, rincasavano solo in quei mesi verso i luoghi natii; molti, come indicato da Fontana, erano emigranti e rientravano nella terra d’origine solo in estate per dedicarsi ai lavori della campagna (falciatura del fieno, mietitura, trebbiatura e semina del frumento).

La rappresentazione del Maggio in Emilia avviene all’aperto in un’aia, in uno spiazzo, possibilmente circolare. «L’aria aperta, il sole, il cielo, meglio si addicono al Maggio, perché lo spettatore può godere contemporaneamente del doppio spettacolo del Maggio e della Natura in festa» [Cfr Fontana S., Il maggio, op.cit., pag. 82.]. Il pubblico è disposto circolarmente intorno allo spazio scenico, come fosse in un anfiteatro naturale. Gli attori del Maggio, abitanti del luogo, vengono chiamati a seconda delle località maggerini o maggianti; essi inaugurano l’inizio dello spettacolo con un una processione in cui, guidati dai suonatori e in fila due per due, sfilano fino al centro dello spiazzo scenico, marciando a ritmo di un brano eseguito dall’orchestrina. Al termine della processione guidata dall’orchestrina, una volta che ogni maggerino ha preso il suo posto, i suonatori si sistemano ai bordi dello spazio scenico e dànno la nota al paggio il quale inaugura l’inizio della rappresentazione con il canto monodico.

La scenografia è costituita da pochi altri elementi simbolici e semplici particolari che vengono inseriti in base alle esigenze di scena: ad esempio un ramoscello può rappresentare una foresta oppure un fazzoletto può indicare un fiume impetuoso.

È interessante, per meglio comprendere l’ambiente in cui si svolge un Maggio, leggere la seguente descrizione:

«Lo spiazzo circolare per gli spettacoli è in un boschetto di querce e castagni, con panche a salire, i padiglioni per le regge fatti di tubi di ferro ricoperti di drappi verdi e col cartello che indica di quale reggia si tratti, un tavolo e sedie da bar sono a fianco di una reggia; ai bordi dello spiazzo, dalla parte opposta a dove si entra, c’è un trespolo, a due metri di altezza, seminascosto tra i rami: sono assi inchiodate su cui prendono posto i suonatori, chitarra e violino, per i loro intermazzi di polke e musiche popolaresche tra una quartina e l’altra. C’è un piccolo albero fronzuto al centro dello spiazzo che lo allarga più di quanto non sia: è il simbolo della foresta dentro cui si rifugiano i perseguitati e tramano i malvagi […]. Il maggiante che si è sgolato a cantare e ha dato fondo alle energie fa un cenno e, in un momento di pausa, arriva il garzone di scena col corroborante bicchiere di toscano. Il pubblico è tutt’intorno allo spiazzo e il maggiante che ha terminato la sua parte si siede tra il pubblico, si cava l’elmo, si asciuga il sudore e, pubblico anch’egli, commenta e applaude. Il maggiante non impara a memoria la parte, se la fa suggerire dall’invisibile e ubiquo suggeritore che, con cenni e ammicchi, avverte gli attori quando è il loro turno»

[Cfr. Ferrarini G., La tradizione del Maggio, in: La Provincia di Reggio Emilia, op. cit., pp. 25-26.].

Materiale tratto dalla tesi di laurea di Giordana Sassi: “Comunicare la tradizione:

la figura di Orlando e dei paladini carolingi nei Maggi drammatici dell’Appennino Tosco-Emiliano”; A.A. 2004/2005.

Pagina aggiornata il 04/03/2025

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