Descrizione
Ricerca storica di ASMER – Associazione Studi Militari Emilia Romagna aps
La Campagna di Russia, sin dall’estate 1941, ha veduto la partecipazione di un cospicuo contingente di Forze Armate del Regno d’Italia. Il Corpo di Spedizione Italiano in Russia – CSIR, delle dimensioni di un Corpo d’Armata, cominciò le operazioni di trasferimento dall’Italia al fronte a partire da luglio e solo nell’agosto 1941 prese parte ai primi combattimenti sul suolo sovietico. Questo contingente, al comando del valentissimo e pluridecorato Gen. Giovanni Messe, contava circa 62 mila uomini. Il bilancio, dopo quasi un anno di partecipazione alla Campagna, fu di circa 1.600 morti, 400 furono i dispersi, mentre quasi 9 mila furono i feriti e congelati. A partire dal 9 luglio 1942, con l’incremento di unità italiane presenti sul fronte russo, il CSIR cessò la propria autonomia e, riacquistando la vecchia denominazione di XXXV Corpo d’Armata, venne incorporato nell’8ªArmata, passata alla storia come ARMIR – Armata Italiana in Russia, al comando del Gen. Italo Gariboldi.
Questa, forte di circa 230 mila uomini, fu tristemente famosa per l’elevatissimo numero di perdite che ebbe a subire tra il dicembre del 1942 e il gennaio del 1943 in seguito allo sfondamento sovietico del fronte sul fiume Don (operazione Piccolo Saturno e Ostrogožsk– Rossoš’). Uno dei luoghi simbolici dell’impietosa ritirata italiana fu senza dubbio la conca di Arbuzovka, passata alla storia come Valle della Morte, dove le Divisioni Torino, Ravenna Pasubio, Sforzesca, Celere, i Raggruppamenti CC.NN. unitamente alla 298 Infanterie Division tedesca, si trovarono completamente accerchiate, perdendo, tra morti e prigionieri, circa 25 mila uomini. Solo 10 mila superstiti riuscirono a forzare la sacca sovietica e poterono quindi essere tratti in salvo, ormai al totale strenuo delle forze, dopo oltre un mese di combattimenti e di marce forzate nel gelo (19 dicembre– 16 gennaio).
Per il Corpo d’Armata Alpino la ritirata invece cominciò quasi un mese dopo rispetto agli altri reparti dell’ARMIR, ovvero il 16 gennaio. In testa fu la Divisione Alpina Trindentina, ovvero l’unica ancora in grado di combattere efficacemente. Dietro la seguivano la Vicenza, la Cuneense e la Julia, già martoriate dai precedenti combattimenti. Anche il Corpo d’Armata Alpino si trovò completamente circondato nella steppa e fu onere della Divisione Tridentina, al comando del reggiano Gen. Luigi Reverberi, forzare le truppe sovietiche nel villaggio di Nikolajevka. La via della salvezza fu aperta, ma dei 61.155 alpini che lasciarono le trincee del Don, solo 13.420 riuscirono a sfilarsi dalla sacca.
L’ARMIR ebbe un mostruoso bilancio in termini di perdite: 75 mila uomini risultarono morti o dispersi mentre 32 mila furono i feriti o congelati. La steppa è, ancor oggi, la tomba di queste «centomila gavette di ghiaccio».
In questo testo, avvalendosi dei preziosissimi archivi dell’Unione Nazionale Italiani Reduci di Russia – UNIRR e di divisionevicenza.it, unitamente alle digitalizzazioni dei ruoli matricolari dei soldati operata da Istoreco, si vuole riportare le vicende dei militari che sono caduti in quelle sventurate spedizioni del CSIR e dell’ARMIR. Secondo le fonti documentali consultate, l’intera provincia reggiana conta 937 caduti o dispersi in quelle zone, tra gelo, fame, morte violenta o prigionia.
All’interno del testo, in ordine alfabetico, è riportato l’elenco dei 62 soldati di Villa Minozzo caduti o dispersi sul Fronte Russo.
La Campagna di Russia è stata ampiamente trattata sia dalla storiografia che dalla memorialistica. Un resoconto “quotidiano” e vicino alla vita di tutti i giorni nel gelo russo è dato dal già citato Giulio Bedeschi in Centomila gavette di ghiaccio, Il sergente nella neve di Mario Rigoni Stern e Morire giorno per giorno di Gabriele Gherardini, ufficiale della Fanteria Vicenza. Per le testimonianze si rimanda alle memorialistiche curate dallo stesso Bedeschi nei volumi Fronte Russo: c’ero anch’io e Nikolaevka: c’ero anch’io.
Tenere vivo il ricordo dei caduti, dei caduti di tutte le guerre, è doveroso: la guerra è sempre insensata.
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