Il Maggio drammatico, ancora prima di essere una forma di tradizione popolare, è una forma d’arte che sintetizza secoli di tradizione; esso non rappresenta solamente un rito o un cerimoniale ma uno spettacolo vero e proprio.
Nell’Alto Appennino Tosco-Emiliano il Maggio sopravvive ancora con particolare tenacia nel comune di Villa Minozzo. Siamo tra i Gessi Triassici, all’ombra della gigantesca linea del Monte Cusna, ove si erge in qualità di spettatore illustre la Pietra di Bismantova adagiata tra le morbide vallate. L’aria è impregnata di un morbido profumo di resina e muschio, e nella tavolozza per le sceneggiature appaiono tutti colori che la natura ci consente di percepire.
È in questo meraviglioso quadro che avvengono le rappresentazioni del Maggio. All’aperto, in radure boschive allestite volutamente con una scenografia essenziale, che è resa importante dal conteso naturale e dall’immaginazione dello spettatore.
Specialmente in passato l’allestimento del Maggio teneva impegnato l’intero paese per tutta la durata dell’anno: le donne cucivano e preparavano i costumi, e tutta la comunità si ritrovava per leggere e adattare i copioni e per assegnare i vari ruoli; esso diveniva un motivo di aggregazione anche oltre al periodo estivo in cui avvenivano le rappresentazioni.
Durante le rappresentazioni, poi, il paese era totalmente coinvolto in questa festa, come avveniva nell’antichità classica quando tutto il popolo partecipava agli spettacoli teatrali per intere giornate. Si instaurava in questo modo una stretta relazione ed un legame empatico tra i soggetti fruitori ed i costruttori del Maggio.
Se, come anche sostiene il filosofo Hans Gadamer, la specificità del teatro sta nell’”immediatezza della comunanza di spettatore e attore”, il Maggio rappresenta in modo eccellente questo binomio. È infatti impensabile che uno spettatore possa assistere ad un Maggio senza apportarvi qualcosa di proprio, è necessario anzi che compartecipi attivamente alla rappresentazione, aprendo totalmente i canali della comunicazione e della ricezione.
Il Maggio, attraverso un codice che unisce il linguaggio visivo a quello della parola e del canto, garantisce il trasferimento di un messaggio didascalico da un emittente, che è l’autore, ad un ricevente che è lo spettatore, il quale completa il messaggio, in base a quello che la propria formazione gli suggerisce. Nel Maggio, però, i simboli che consentono l’interpretazione del messaggio, pur essendo estremamente carichi di significati, sono ridotti all’essenziale; questo richiede uno sforzo notevole da parte del ricevente nella codifica del messaggio. Egli deve essere in grado di leggere tra le righe, deve uscire dall’appiattimento a cui è abituato dal mondo della modernità e dei mass media.
(Materiale tratto dalla tesi di laurea di Giordana Sassi: “Comunicare la tradizione:la figura di Orlando e dei paladini carolingi nei Maggi drammatici dell’Appennino Tosco-Emiliano”; A.A. 2004/2005).
Per approfondire la conoscenza del Maggio e di altre rappresentazioni teatrali, musicali ed artistiche tratte dalle epiche cavalleresche rinascimentali italiane consulta il sito curato dalla prof. Jo Ann Cavallo, docente di italiano presso la Columbia University:
Pagina aggiornata il 04/03/2025